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mercoledì 13 agosto 2008

L'ombra di Israele sul conflitto in Georgia

Da Peacereporter

Il sito internet Debka.com, specializzato in geopolitica, ha svelato alcune rivelazioni provenienti da fonti militari israeliane molto riservate: Tel Aviv nutre forti interessi negli oleodotti e gasdotti che attraversano la Georgia; Tbilisi è molto interessata alle armi, alle tecnologie e alle tecniche di combattimento israeliane.

La Georgia è un paese che spende moltissimo per la difesa nazionale. Lo scorso anno, il presidente filo-occidentale Michail Saakashvili, ha commissionato a una società di sicurezza israeliana l'addestramento delle proprie truppe, militari e di intelligence. Diverse centinaia di consiglieri israeliani sono sbarcate a Tbilisi per esportare il know-how delle avanzate tecniche e tecnologie in possesso della Stella di David. I circa 1000 istruttori sono stati impegnati nell'addestramento delle truppe impegnate in operazioni di terra, aria e mare. Tbilisi ha proceduto anche all'acquisto di ingenti quantità di armi e tecnologie belliche. Questi "preparatori" sarebbero dunque fortemente coinvolti nelle attività di preparazione all'invasione di Tshkinvali da parte dei soldati georgiani.
Trattative commerciali di un certo rilievo sono in corso d'opera tra Israele, Turchia, Georgia, Turkmenistan e Azerbaijan per far sì che le condutture che raggiungono il porto di Ceyhan in Turchia, possano da lì arrivare al terminal petrolifero di Ashkelon e al porto sul Mar Rosso di Eilat. Da qui le grandi petroliere trasporterebbero il prezioso carico in Estremo Oriente attraverso l'Oceano Indiano. Avvertita della suscettibilità russa sulla questione, Tel Aviv aveva offerto un accordo che Mosca ha però rifiutato.
Nelle settimane che hanno preceduto l'escalation della violenza, la Russia aveva più volte chiesto a Israele di non prestare assistenza militare alla Georgia, arrivando a minacciare una brusca crisi nelle relazioni bilaterali. Israele si è sempre limitata ad asserire che le sue prestazioni riguardavano la fase difensiva e non quella di attacco. La cosa non è andata giù al Cremlino che, stando all'opinione di alcuni analisti, non perdonerà a Israele il suo comportamento

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