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venerdì 28 novembre 2008

La Guerra Telecomandata. Da Las Vegas

Le nuove tecnologie militari. Il cambiamento La caccia ai terroristi è mutata con l' impiego massiccio dei droni, i velivoli con sensori e missili a guida laser I numeri I robot volanti sono in grado di rimanere oltre 20 ore sulla zona di operazioni. Nel 2008 le ore di volo sono 130 mila.
I raid. Nel mirino dei droni capi e installazioni qaediste. Sul versante pachistano hanno colpito in oltre trenta casi, eliminando figure di rilievoIn Nevada, nella base degli aerei senza pilota. Missioni in Iraq guidate a migliaia di km di distanza.
Indian Springs (Nevada/USA) - E' come se i terroristi avessero costantemente il puntino rosso di un mirino sulla testa. Un raggio invisibile che li segue in ogni momento della loro vita clandestina. Un segnale che in una manciata di secondi può determinare la loro fine. A cambiare in modo radicale la caccia ai terroristi in Iraq e in Afghanistan è stato l' impiego massiccio dei droni, gli aerei senza pilota, gli Unmanned aerial vehicle (Uav). Macchine volanti in grado di rimanere per oltre venti ore sulla zona di operazioni. Con telecamere che registrano ogni singolo movimento, con sensori capaci di penetrare i muri dei covi, con missili a guida laser in grado di incenerire il bersaglio. Con una particolarità. L' Uav parte da una pista in Afghanistan, ma l' equipaggio - pilota e addetto alle armi - lo comanda via satellite da una base nel deserto a nord di Las Vegas, ad appena trenta minuti dai casinò. E' la Creech Air Force Base di Indian Springs, che abbiamo potuto visitare seguendo le missioni a migliaia di chilometri di distanza. Il paesaggio che circonda l' installazione, in continua crescita, è selvaggio. Deserto, arbusti e montagne spellate a fare da cornice. Attorno vi è solo un enorme poligono di tiro e pochi chilometri più a sud un carcere di massima sicurezza. La quiete del nulla è interrotta, ogni tanto, dal ronzio di un Predator Mq1 o di un Reaper Mq9. Gli Uav in addestramento fanno rumore solo quando decollano. Ma quando raggiungono la quota non li vedi e non li senti. Per questo terrorizzano i terroristi lungo la frontiera afghano-pachistana o in una cittadina irachena. «Siamo contenti che i nemici abbiano paura di noi. Loro non sanno dove siamo. Devono sempre essere fortunati. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto», dice il colonnello Christopher R. Chambliss, il comandante del 432d Wing. «Ogni volta che si ha notizia di un' azione terroristica bloccata e non si conosce il motivo è possibile che sia merito nostro». «Nostro», per Chambliss, è la flotta di Uav armati impiegati sui fronti caldi. Una trentina di velivoli ai quali si sommano a quelli schierati dalla Cia. «Noi agiamo in Iraq e Afghanistan», precisa Chambliss lasciando intendere che siano i robot volanti dell' intelligence a fare il lavoro sporco in Pakistan. Macchine letali. «E' vero, abbiamo cambiato la strategia e la tattica nell' inseguimento degli avversari. Una vera rivoluzione - prosegue il colonnello -. Solo i droni possono restare così a lungo in volo». Nel gergo del Pentagono è la «presenza persistente». Uno o più Predator pattugliano un' area estesa, rimangono lì in attesa che il bersaglio metta fuori la testa dal buco dove si è rintanato o lo raggiungono nel suo nascondiglio. La telecamera di bordo lo segue per ore. E quando è il momento, in stretta consultazione con il comando, gli ufficiali a terra e gli 007, si decide cosa fare. Una flessibilità che mette a disposizione del Pentagono un' infinità di opzioni e rende l' esistenza dei terroristi una roulette. Impiegato per la prima volta nel 2001 come ricognitore, il Predator è diventato un' arma dopo un mezzo fallimento. La storia racconta che un Uav avesse avvistato un convoglio di jeep in Afghanistan con a bordo un personaggio qaedista, forse lo stesso Bin Laden. Ma la preda era riuscita a fuggire perché la reazione non era stata veloce. Adesso sarebbe arduo scappare. Gli americani non hanno impiegato troppo tempo per rimediare: già nel novembre 2002 un drone ha ucciso sei estremisti nello Yemen. Sotto le ali i Predator hanno due missili a guida laser Hellfire. Il gemello, il Reaper, porta lo stesso carico di un caccia F16, quindi missili e bombe sofisticate. Con costi infinitamente più bassi. Una volta il Pentagono richiedeva che prima di ogni attacco la presenza di un «bersaglio di alto valore» - in codice Htv - fosse accertata al 90%. Ora si accontenta del 50-60%. E dunque le missioni sono aumentate a livello esponenziale. «Nel 2006 abbiamo registrato 50 mila ore di volo, nel 2007 80 mila, nel 2008 130 mila», precisa il colonnello Chambliss, confermando che le richieste di intervento sono altissime. Cia e Us Air Force hanno intensificato i raid a partire da agosto, quando la Casa Bianca ha autorizzato un' offensiva contro i quadri qaedisti. Nel mirino sono finiti capi e installazioni. Sul versante pachistano i droni hanno colpito in oltre 30 casi, eliminando figure di rilievo. A gennaio hanno ucciso Abu Laith Al Libi, importante comandante militare. A marzo Abu Suleyman Jazairi, responsabile del «fronte esterno». A luglio Abu Khabab, il capo delle ricerche sulle armi di distruzione di massa per Al Qaeda. A ottobre Khalid Habib, dirigente di formazioni paramilitari, e Abu Jihad Al Masri, punto di riferimento dei jihadisti egiziani. A novembre Abdullah Azzam, esponente saudita, e forse Rashid Rauf, mente del famoso complotto con l' esplosivo liquido. I generali americani hanno potuto contare su un budget robusto. Se nel 2007 avevano avuto 1,3 miliardi di dollari per i droni, nel 2008 la cifra è salita a 3 miliardi. E' in programma la costruzione di nuove basi per gli Uav in Afghanistan per avvicinarli al fronte. Ad un drone schierato a Bagdad sono sufficienti 10 minuti per portarsi sulla zona assegnata, in Afghanistan servono anche tre ore. Il ricorso ai velivoli senza pilota, come spiega il colonnello Chambliss, ha poi altri vantaggi. Intanto si riducono i rischi di danni collaterali, le uccisioni di civili innocenti. Gli apparati elettronici installati a bordo permettono di «vedere» meglio e danno ai piloti maggiore tempo per capire. Il secondo aspetto riguarda la gestione. La manutenzione è ridotta - dopo ogni 100 ore di volo - rispetto a quello di un F16. I mezzi costano «poco»: 4 milioni di dollari per un Predator, 12 per un Reaper. Per formare un pilota di caccia serve almeno un anno e mezzo, per quello di un drone 6-9 mesi. Il vero nemico è il tempo. Con condizioni atmosferiche cattive l' Uav ha qualche problema, ma i tecnici stanno lavorando per renderlo meno vulnerabile. Difetti minori rispetto a quanto conseguito. Gli esperti statunitensi ritengono che la presenza continua dei droni al confine afghano-pachistano abbia costretto i leader qaedisti a maggiore prudenza e dunque inciso, in qualche modo, sulla catena di comando. Anche il braccio propagandistico jihadista ne avrebbe risentito. I militanti hanno minacciato di compiere attentati in Pakistan se non cesseranno le incursioni dei Reaper. Islamabad protesta pubblicamente per i raid americani - accusano - ma, di fatto, li autorizza. Una reazione che dice di più di ogni altra analisi. Se i terroristi hanno paura a Indian Springs sono solo felici.
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