Lo so questo weekend avete
bisogno di una dose di testosterone e nelle sale è appena uscito “Fast and
Furious 7”, ma io vi consiglio di andarvi a vedere “L’Ultimo Lupo”, quest’ottimo
film essendo ancora in programmazione, non è da farselo perdere!
Nel 1967 la Cina è in quella che
poi è stata ribattezzata Rivoluzione Culturale ed il co-protagonista di questa
storia è il giovane studente di Pechino Chen Zhen che viene spedito dal partito
nella regione della Mongolia Interna, per insegnare alle tribù nomadi del
territorio la cultura cinese e per lavorare con loro, seguendoli durante la
loro vita nomade; La sua vita consiste ad insegnare a leggere ai figli dei
nomadi e di contribuire aiutandoli nell’allevamento, qui di ritorno
all’accampamento viene circondato da un gruppo di lupi mongoli, riesce a
scappare ma da quell’incontro ne rimane affascinato e sorpreso per il rispetto
ed il legame che gli lega indisubilmente ai nomadi, ma prima una forte carestia
che colpisce il territorio e che decima le riserve di caccia dei lupi, poi i
leader locali del partito comunista ne decidono lo sterminio, Chen rimane
spettatore del genocidio ma riesce a salvare un cucciolo.
Il film è tratto dal romanzo “Il Totem
del Lupo” di Jiang Rong che non è altro che il protagonista Chen Zhen, il libro
di grande successo in Cina, tanto da ricevere il titolo niente che di meno di
libro più letto dopo il “Libretto Rosso” di Mao, Jiang è divenuto anche con il
suo libro uno dei percussori dell’ambientalismo cinese che chiama alla
responsabilità le autorità perché il terribile sterminio dei lupi mongoli non
accada più.
Del film di Jean-Jacques Annaud
possiamo amare la bravura nel farci innamorare della bellezza del territorio
mongolo (Che da 30 anni rischia di essere distrutto dalla desertificazione),
ma anche del legame fra i pastori nomadi ed i lupo, quasi uomo e lupo ad
assomigliarsi in tutto, i lupi ed i pastori vittime di un tipo di politica che
giunge dall’alto completamente sbagliata ed implacabile si abbatte sulla vita
di uomini e animali fino a distruggerli senza possibilità d’appello, il lupo
segue regole che sono le stesse da tempo immemorabile ed impossibilitato ad
abituarsi a regole umane, viene condannato ad una fine spietata e senza senso,
un genocidio.
La politica del cinema di Annaud
è molto più forte di quanto si creda, i suoi protagonisti ci assomigliano più
di quanto possiamo pensare, non sono eroi ma persone comuni, dai suoi più
grandi successi come “Il Nome della Rosa” e “Sette Anni in Tibet”, i
protagonisti Adso da Melk e Heinrich Harrer sono persone normali che si
ritrovano in cambiamenti più grandi di loro ma non possono opporsi tanto è la
forza avversaria, Adso da Melk chiederà a Guglielmo da Baskerville (Sean
Connery) aiutò ma rimarrà impotente di fronte all’inquisizione, lo stesso
succederà ad Heinrich Harrer (Brad Pitt) impotente anch’esso contro l’invasione
cinese e la seguente occupazione del Tibet (Questione ancora irrisolta che ha portato al genocidio della popolazione tibetana), qui Chen Zhen è uno studente che
non si oppone alle decisioni troppo pressanti che vengono dall’alto ed eseguite all'unanimità,
potrà salvare un solo cucciolo dal genocidio e crescerlo non senza grossi problemi. Ed è per questo che il film oltre
alle sue cruenti ma reali immagini ci costringe ad un faccia a faccia con la
nostra impotenza non verso la natura ma verso l'uomo, un'umanità chiamata da
Dio per salvaguardare la terra e la sua vita non per distruggerala.
La stessa riflessione possiamo
farla anche in casa nostra, dove la stessa stupida mentalità ha portato negli
anni 70 ad una popolazione del lupo italiano a soli 100 esemplari, le cose per
fortuna da noi sono andate ben diversamente, ora la popolazione censita è di
quasi 1500 esemplari ma come potete leggere in questo articolo de Il Corriere,
il bracconaggio ne uccide 200 all’anno!
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